Preparativi voce Rotte dei migranti dall'Africa all'Europa

Da wikiafrica.

Per chi è sprovvisto di un documento di viaggio e di un visto per l’Europa (cioè per la maggioranza dei migranti africani) le rotte transahariane sono diventate negli ultimi anni l’unico accesso ancora percorribile per l’impossibile migrazione al Nord. Le rotte in molti casi riprendono vecchi percorsi carovanieri e della transumanza attraverso il deserto e si appoggiano a rinnovate reti locali e a network informali di collegamento che, come in altri casi, si sono rapidamente adattati ai nuovi bisogni di sopravvivenza e a spietate regole di concorrenza e di sfruttamento.

Occorre ricordare che la maggior parte dei migranti africani non va oltre la costa nordafricana e si ferma in uno dei paesi rivieraschi del Mediterraneo (soprattutto in Libia e nel Maghreb dove oggi sono presenti circa due milioni di migranti irregolari). Solo una piccola minoranza (tra il 10 e il 15%) cerca di proseguire verso l’Europa scontrandosi sempre di più con i meccanismi di controllo e di repressione messi in atto ovunque contro la migrazione irregolare. L’improvviso afflusso di migranti nei paesi del Nordafrica, unite alle pressioni e agli aiuti dell’Europa per contenere la pressione migratoria in provenienza dall’Africa subsahariana, hanno indotto i governanti locali a politiche di repressione e di ‘rimpatrio’ forzato dei migranti che, in assenza di accordi di riammissione, vengono perlopiù ricondotti e abbandonati nei pressi delle zone sud di confine con i paesi limitrofi (Rosso, al confine maritano con il Senegal; Oujda, al confine marocchino con l’Algeria; Tinzouatine e In Guezzam al confine algerino rispettivamente con il Mali e il Niger).

Al momento attuale, mentre le politiche europee di esternalizzazione dei controlli costieri affidati alle autorità locali sembrano aver contenuto i flussi migratori marittimi (sia pure a costo di molteplici abusi dei diritti umani) in provenienza dai paesi del Maghreb, le rotte transahariane e marittime dall’Africa si sono espanse in più direzioni modificando le originarie provenienze e accrescendo le distanze di percorrenza e i costi umani e materiali della Grande Migrazione. Nuove rotte si sono accese in provenienza diretta da paesi subsahariani (Senegal, Gambia, Costa di Guinea) aprendo nuove piste di entrata (es. tra l’Algeria e la Sardegna), avviando nuove forme di migrazione (ad es. l’incremento nel numero di minori perché maggiormente protetti dal rischio di rimpatrio), che hanno in parte differenziato l’origine dei migranti (meno migranti dal Subsahara e più da Marocco e Egitto) ma non diminuito la pressione migratoria dalla Libia che continua ad essere la fonte principale degli arrivi in Italia e luogo privilegiato di partenza per il miraggio europeo.

‘Bruciare’ le diverse frontiere dell’Africa e i loro complessi apparati di sicurezza e di criminalità, o di corruzione, è per molti migranti subsahariani un’odissea umana di cui si hanno spesso poche tracce e testimonianze. Mentre le piste del deserto sono sempre più disseminate degli scheletri dei clandestini, e i pescatori lungo le coste spagnole o italiane tirano su nelle loro reti, insieme ai pesci, un crescente numero di corpi smembrati di naufraghi, il deserto e il mare continuano ad essere per molti migranti l’unica speranza di accesso a un mondo di maggiore sicurezza e benessere, il nuovo rito di iniziazione per raggiungere l’età adulta e ripartire da zero nell’epoca della liberalizzazione dei mercati e delle merci, ma non ancora delle persone.

Così, modificandosi le politiche di controllo e di repressione, il processo migratorio dall’Africa subsaharianaa si modifica senza accennare a diminuire individuando di volta in volta altre rotte via terra e via mare presto accompagnate (o dirottate) da organizzazioni criminose e network di facilitatori locali che mettono in atto nuove forme di collusione tra polizia e passeurs nello sfruttamento della merce umana.

Agadez - Dirkou - Sebha

La prima rotta migratoria, che riprende l’antico tragitto carovaniero via Agadez e Dirkou (nel Niger) passando per l’oasi di Sebha (in Libia), viene percorsa nei primi anni Novanta da un consistente flusso di immigrati richiamati in Libia dalla politica di apertura delle frontiere inaugurata dal Colonnello Gheddafi nel 1992. La politica migratoria della Libia in questo periodo è tesa a contrastare l’embargo occidentale e a favorire l’impiego di manodopera straniera dal sud per supplire alle carenze produttive soprattutto nel settore agricolo e delle costruzioni. Tale politica vede un subitaneo arresto nel 2000 a seguito di reazioni e incidenti xenofobi anti-immigrati occorsi a Tripoli e Zawiya. Da allora la Libia, che registra la presenza maggiore di immigrati tra i paesi dell’area (con circa un milione e mezzo di presenze su cinque milioni e mezzo di abitanti concentrati per il 90% sulla fascia costiera), dà avvio a una politica restrittiva e di repressione dei migranti irregolari, in ciò aiutata (malgrado le ripetute violazioni dei diritti umani) dagli accordi siglati con i paesi europei (in particolare con l’Italia) sul controllo delle migrazioni irregolari.

Agadez - Arlit - Bamako - Gao - Tamanrasset

Si apre così, a partire dal 2000, una seconda rotta migratoria spostata più a occidente, che raccoglie i flussi migratori in provenienza dalle regioni dell’Africa subsahariana più marcate da conflitti e da situazioni di crisi (Nigeria, Costa d’Avorio, Liberia, Mali, Burkina Faso, Niger, Repubblica centrafricana, Camerun, ecc.) come anche i più limitati flussi migratori in provenienza dall’Asia centrale. Questa seconda rotta riprende e riattiva i percorsi delle reti carovaniere transahariane praticate per secoli dalle popolazioni nomadi (tuareg) di Mali, Niger e Algeria. I nuovi snodi carovanieri rimodellano il paesaggio urbano e ripopolano di migranti, e di gruppi dediti al trasporto e alla gestione dei clandestini, le città di Agadez e Arlit (Niger), Bamako e Gao (Mali) e Tamanrasset (Ageria) Da qui i migranti procedono per raggiungere soprattutto la frontiera marocchina (a Maghnia]), e affollare l’entroterra delle enclave spagnole di Ceuta e Melilla sulla costa, dove cercano ripetutamente di forzare le barriere protettive a difesa delle città, o di raggiungere i vicini centri della costa algerina e tunisina. Negli anni tra il 2000 e il 2005 la pressione migratoria in Marocco si fa sempre più pressante e ha il suo culmine nell’estate-autunno 2005 quando gli assalti congiunti di centinaia di migranti alle barriere protettive delle due enclave spagnole di Ceuta e Melilla provocano la morte di decine di migranti e centinaia di feriti. La rinnovata politica di collaborazione tra Madrid e Rabat in questi anni inaugurata dal governo Zapatero nel 2004 induce le autorità marocchine a nuove politiche dissuasive e repressive della migrazione irregolare causando un nuovo spostamento, questa volta a sud, delle rotte migratorie in direzione delle Canarie.

Canarie

La terza rotta, quella delle Canarie spagnole al largo della Mauritania, come le prime due, ha una lunga storia di trasbordi irregolari che tuttavia si infittiscono con la graduale chiusura degli sbocchi al nord a partire dalla fine degli anni Novanta. Le nuove politiche di controllo delle coste mediterranee a seguito degli accordi con la Spagna spostano progressivamente sulla tratta marina tra El ‘Ayun nel Sahara occidentale e le isole Canarie (una notte di viaggio) la pressione migratoria. Col tempo tuttavia, le imbarcazioni (cayucos o pateras) dei pescatori del Sahara occidentale, munite di motori sempre più potenti e sempre più gonfie di passeggeri clandestini, vengono costrette a prendere il mare da punti sulla costa sempre più distanti dalla rotta di El 'Ayun, mentre le pressioni e i controlli stabiliti sulle coste maritane e marocchine dissuadono i pescatori dal lungo tragitto e i luoghi di partenza inizialmente sahara-occidentali scivolano a sud fino a comprendere le coste del Senegal, Gambia e Golfo di Guinea. Aumentando la distanza e i rischi del trasbordo, ancora una volta crescono i costi finanziari e umani del passaggio all’Occidente e i conseguenti processi di sfruttamento. Le imbarcazioni vengono sempre più spesso affidate agli stessi migranti provvisti all’ultimo momento di una bussola e di brevi istruzioni di guida aumentando esponenzialmente i rischi del trasbordo. Aumenta così tragicamente il numero di naufragi anche lungo le coste atlantiche.

Collegamenti esterni

  • Open Street Map [1]
  • Migreurop [2]
  • Fortress Europe [3]
  • MeltinPot [www.meltingpot.org/]
  • Borderline Europe [4]

Bibliografia

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